L’artrosi dell’anca è una patologia piuttosto comune anche tra giovani e sportivi. Ne è un esempio il campione mondiale di tennis Andy Murrey, tornato a giocare ai massimi livelli dopo l’impianto di protesi d’anca. Oggi infatti, le protesi di adattano alle richieste funzionali del paziente, per permettere a tutti non solo di tornare a camminare senza dolore, ma tornare a fare sport come prima dell’artrosi.
Per artrosi dell’anca si intende una patologia a carattere degenerativo che colpisce la cartilagine dell’articolazione coxo-femorale, comunemente chiamata anca, cioè il punto in cui il femore si articola con la cavità, chiamata acetabolo, destinata ad accogliere la testa del femore. «Il deterioramento della cartilagine, che funge da cuscinetto e permette lo scorrimento delle ossa l’una contro l’altra eliminando l’attrito – spiega il dottor Andrea Vicario – provoca quel tipico dolore a livello dell’inguine o del gluteo, che diventa più intenso fino a raggiungere ginocchio e anca, e diventare invalidante nelle fasi avanzate della malattia artrosica. L’artrosi dell’anca può avere diverse cause:
- meccanica: l’artrosi in senso lato (la più comune)
- degenerativa oppure acquisita come nei casi di osteoporosi
- altre patologie: le artriti infiammatorie come l’artrite reumatoide o psoriasica».
Le diverse tipologie di impianto: a ogni anca la sua protesi
«L’intervento di protesi totale d’anca consiste nella sostituzione dell’articolazione utilizzando protesi realizzate con materiali diversi a seconda delle esigenze funzionali del paziente – prosegue il dottor Andrea Vicario -. Il materiale ad oggi più utilizzato è il titanio, ma possono essere usate anche protesi o componenti realizzate con differenti leghe metalliche come ad esempio leghe di cromo-cobalto, ceramica o accoppiamenti di questi materiali con il polietilene. Le protesi utilizzate oggigiorno sono modulari, ovvero vengono assemblate al momento al fine di adattarsi al meglio all’anatomia del paziente. Nel caso di persone giovani, si cerca di evitare l’uso del cemento, ovvero un materiale che permette alla protesi di aderire perfettamente all’osso, e si utilizzano protesi “a incastro” in modo da preservare il più possibile il tessuto osseo. Solo in alcuni casi esiste un’alternativa alla sostituzione totale della testa del femore, che invece viene rivestito da metallo».
Vantaggi e controindicazioni
«La chirurgia protesica d’anca è considerata una soluzione vantaggiosa ogniqualvolta le terapie di tipo conservativo non siano utilizzabili o non abbiano dato i risultati sperati – sottolinea l’esperto -. Ad oggi le tecniche chirurgiche mininvasive e i materiali innovativi utilizzati per la realizzazione delle protesi permettono di ottenere risultati altamente personalizzati per ciascun paziente, riducendo al minimo il trauma chirurgico e la durata del ricovero, e consentendo rapidi tempi di recupero».
Vuoi saperne di più sulla protesi d’anca personalizzata? Leggi qui (link a news PSI)
Dopo l’intervento: come tornare alle proprie attività quotidiane
«Dopo l’intervento è prevista una breve degenza – conclude il dottor Andrea Vicario – durante la quale è consigliabile ridurre il più possibile i contatti con l’ambiente esterno per prevenire il rischio di infezioni. I punti vengono rimossi a circa due settimane dall’operazione e successivamente inizia la fase di riabilitazione che viene eseguita dapprima con l’aiuto di un fisioterapista e poi, una volta imparati gli esercizi da eseguire, si può proseguire a casa in maniera autonoma. Una volta completata la rieducazione il paziente avrà recuperato mobilità e funzionalità della sua nuova anca, e potrà tornare alle attività della propria vita quotidiana compresa la possibilità di praticare attività sportive, secondo le indicazioni dello specialista».