La chirurgia moderna ha, tra i suoi obiettivi, quelli di ridurre al minimo i traumi dovuti all’operazione, i tempi di ricovero ospedaliero, i tempi di recupero. Anche la chirurgia ortopedica si sta muovendo a passi sempre più spediti in questa direzione e, a tale scopo, ha concepito un approccio innovativo alla chirurgia proprio al fine di ottenere questi risultati. Si tratta del cosiddetto protocollo “fast track”. Qui di seguito approfondiremo il protocollo per quanto riguarda la chirurgia protesica di anca.
La protesi d’anca
Artrosi, traumi e altre malattie che causano la degenerazione dei tessuti cartilagineo e osseo: questi sono i motivi per cui può rendersi necessario l’impianto di una protesi d’anca. Si tratta di un intervento in cui i comparti articolari dell’anca (testa del femore e acetabolo) vengono sostituiti con impianti artificiali in grado di replicare l’anatomia originaria dell’articolazione garantendo un recupero funzionale ottimo anche dal punto di vista delle prestazioni sportive e lavorative (con le dovute eccezioni di cui vi ho parlato qui). Nel campo della chirurgia ortopedica, l’intervento di impianto di protesi d’anca è considerato uno dei più sicuri in assoluto, capace di garantire un grado di soddisfazione da parte dei pazienti tra i più elevati in assoluto. Come si può dunque migliorare un intervento già così vantaggioso? Migliorando i tempi del post-intervento! Ecco lo scopo del protocollo “fast track”.
“Fast track” ovvero “percorso breve”
Con l’espressione “fast track” si intende un tipo di protocollo, intensivo e multidisciplinare, che può essere applicato a tutte le branche chirurgiche. L’obiettivo principale è quello di ottenere, in tempi inferiori, risultati altrettanto soddisfacenti rispetto a quelli ottenuti con i protocolli tradizionali. Nel campo della chirurgia ortopedica le applicazioni più consolidate riguardano soprattutto la chirurgia protesica di ginocchio, ma negli ultimi tempi si sono estese con successo alla chirurgia protesica di anca.
L’approccio multidisciplinare è il cardine di questa metodologia: a fianco del chirurgo ortopedico è di fondamentale importanza l’apporto professionale di altre figure quali l’anestesista, l’internista, il fisiatra, il fisioterapista, il personale infermieristico e tecnico e lo psicologo.
Attenzione: non tutti i pazienti sono candidabili al “percorso breve”. Sarà cura del chirurgo valutare le condizioni di salute generale del paziente e la presenza di eventuali patologie associate che potrebbero rendere più complicato l’intervento. È inoltre necessario che il paziente possa contare sull’aiuto di familiari o amici una volta a casa, vista la rapidità del periodo di degenza previsto.
Come si svolge?
Il percorso “fast track” inizia già nel periodo pre-operatorio: è fondamentale infatti presentarsi alla data dell’intervento in ottime condizioni di salute generale al fine di ridurre i potenziali fattori di rischio e le eventuali complicazioni dovute all’intervento. Tra i principali fattori su cui è possibile agire modificando i propri comportamenti individuali prima dall’intervento: fumo e assunzione di alcolici, peso corporeo, disturbi emotivo-psicologici come ansia e depressione.
La procedura chirurgica in sé e per sé non differisce necessariamente da quella standard. La principale necessità è quella di rispettare il più possibile i tessuti molli prediligendo dunque le procedure mini-invasive. Per quanto riguarda l’anca, il protocollo fast track è di norma abbinato alla tecnica chirurgica per via anteriore diretta che, come già vi ho descritto qui, ha il vantaggio fondamentale di non rendere necessario alcun taglio muscolare.
Il programma vero e proprio ha inizio poche ore dopo l’intervento. Non appena il paziente recupera la sensibilità agli arti inferiori dopo l’anestesia è già possibile iniziare i primi esercizi di contrazione muscolare di glutei e quadricipiti e di mobilità di ginocchio e caviglia. In seguito si può iniziare a sedersi e a salire e scendere dal letto ed eventualmente a camminare con l’assistenza di due stampelle o dell’apposito deambulatore. La riabilitazione procede in maniera intensiva nei giorni successivi allo scopo di rendere il paziente autonomo nelle sue principali necessità come la cura della persona, la deambulazione, il salire e scendere le scale.
Se tutto procede come stabilito, il paziente viene di norma dimesso dopo soli 3 o 4 giorni dall’intervento con l’indicazione di proseguire con la riabilitazione come indicato dallo specialista che rivedrà il paziente per una valutazione ambulatoriale dopo circa un mese.
I vantaggi del protocollo “fast track”
I benefici del protocollo “fast track” sono numerosi, dovuti principalmente alla riduzione dei tempi di degenza ospedaliera oltreché all’utilizzo di tecniche chirurgiche mini-invasive. In particolare:
• minori complicanze perioperatorie
• riduzione delle infezioni ospedaliere
• minore necessità di trasfusioni
• maggior coinvolgimento del paziente nel percorso terapeutico
• minori costi sociali.