Le ginocchia non sono tutte uguali. Uno dei problemi maggiori da affrontare quando si impianta una protesi di ginocchio riguarda proprio la necessità di adattare l’impianto, non solo alla patologia da cui il ginocchio è affetto e al suo grado di gravità, ma anche alla morfologia dell’articolazione. Nei casi di grave instabilità o valgismo del ginocchio possono rivelarsi utili le protesi vincolate o semivincolate che presentano tuttavia alcune criticità. Vediamole insieme.
Anatomia del ginocchio e patologie
Il ginocchio è un’articolazione molto mobile definita diartrosi ed è composta da tibia, femore e patella (o rotula). Queste componenti ossee vengono messe in connessione tra loro grazie a numerose strutture quali i legamenti, i menischi e la capsula articolare che ne garantiscono una corretta funzionalità. Come tutte le articolazioni, anche il ginocchio può essere soggetto a degenerazione del tessuto cartilagineo e quindi ad artrosi.
La particolarità di questa articolazione risiede nel fatto che la sua morfologia può essere molto differente tra una persona e l’altra soprattutto per quanto riguarda l’allineamento di femore e tibia. Le ginocchia possono infatti essere “dritte” oppure presentare angoli, più o meno accentuati, rivolti verso la linea mediana del corpo o verso l’esterno: parliamo in questi casi di varismo o valgismo del ginocchio.
- Un ginocchio si definisce varo quando si allontana dalla linea mediana del corpo causando la tipica forma ad arco (le cosiddette “ginocchia a O”)
- Un ginocchio si definisce valgo quando la deformità causa un avvicinamento in direzione della linea mediana del corpo (meglio conosciute come “ginocchia a X”).
Esistono anche i casi di ginocchio flexum o recurvatum nei quali si verifica un eccesso di flessione o estensione dell’articolazione.
Come si può intuire, la cura delle ginocchia “non dritte” può risultare complessa, specie per quanto riguarda l’impianto di protesi perché lo scarico dei pesi tende a concentrarsi su particolari zone del ginocchio. Inoltre, in fase di impianto, è sempre difficile stabilire se sia più funzionale “raddrizzare” la linea articolare oppure rispettare la morfologia originaria dell’articolazione.
Protesi vincolate e semivincolate
Le protesi di questo tipo sono impianti con particolari sistemi di stabilizzazione che possono essere utilizzate in caso di ginocchia gravemente artrosiche o in caso di revisioni protesiche e quando il ginocchio è caratterizzato da grave instabilità come accade ad esempio nei casi di ginocchia valghe. Il grado di vincolo tra la componente tibiale e la componente femorale le distingue appunto in semivincolate e vincolate (definite anche “a cerniera”) che assicurano una buona stabilità. In questo tipo di protesi la criticità è rappresentata dal fatto che esiste un’elevata trasmissione di sollecitazioni meccaniche all’interfaccia osso-protesi che rende particolarmente significativo lo stress sull’osso. Proprio per questo motivo, rispetto ai primi impianti si ricorre oggi a uno stelo endomidollare più lungo. La protesi a vincolo totale infatti, avendo delle forti sollecitazioni, ha bisogno di un maggiore ancoraggio a livello dell’osso per resistere meglio ai movimenti destabilizzanti richiesti dalla normale fisiologia del ginocchio.
Indicazioni
Le protesi semivincolate possono essere impiantate nei casi di instabilità di ginocchio di grado intermedio.
Le protesi vincolate possono rivelarsi utili nei casi di gravi instabilità non bilanciabili con le protesi convenzionali e possibilmente su pazienti anziani e con scarse richieste funzionali. Per quanto riguarda i casi di primo impianto le indicazioni riguardano:
- artrosi del ginocchio con valgismo superiore ai 15° e insufficienza del legamento collaterale mediale
- artrite reumatoide con grave lassità legamentosa
- esiti di fratture o pseudoartrosi del femore con perdita di sostanza ossea
- grave rigidità in flessione con bilanciamento difficile
- displasie ossee con gravi deformità.
Per quanto riguarda le revisioni dei primi impianti, la protesi vincolata può essere utilizzata quando si verifica un’estesa perdita di sostanza ossea e in presenza di problematiche in flesso-estensione non bilanciabili con le protesi tradizionali:
- dopo infezioni
- dopo mobilizzazioni asettiche
- dopo gravi instabilità del primo impianto
- con lesioni dell’apparato estensore che necessitano di ricostruzione in ginocchia instabili
- in caso di fratture periprotesiche.
Si tratta dunque di protesi da impiantare solo in casi molto selezionati nei quali il chirurgo stabilisce che i vantaggi di questo tipo di impianto possano essere superiori alle eventuali criticità.